martedì 30 novembre 2010

Kaizen: come organizzare un evento Kaizen (3)

Ieri abbiamo visto cosa bisogna fare per pianificare e svolgere la riunione di presentazione di un progetto Kaizen. Oggi vedremo insieme cosa fare subito prima dell'evento.

Prima dell'evento Kaizen

- preparare il materiale da distribuire (cartellina con il nome del progetto, appunti per la formazione, manuale, organigramma del gruppo di lavoro, altro...)
- invitare tutti i manager interessati alle riunioni quotidiane di avanzamento del progetto (riunioni molto brevi: non più di 15 minuti)
- riservare una stanza dove ci sia la possibilità di utilizzare due o tre laptop connessi alla rete aziendale

Domani ultima puntata: completeremo la nostra checklist includendo le azioni da fare durante l'evento Kaizen e subito dopo.

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lunedì 29 novembre 2010

Kaizen: come organizzare un evento Kaizen (2)

Venerdì scorso abbiamo stabilito quali sono le cose da fare per pianificare un evento Kaizen. Oggi vedremo insieme su quali azioni dovremo concentrarci per organizzare e svolgere la riunione di presentazione del progetto.


La riunione di presentazione del progetto



- scegliere la stanza più adatta per la riunione e prenotarla
- attrezzarla con proiettore, laptop, lavagna e ogni altra cosa utile allo svolgimento del meeting
- stabilite lo scopo del gruppo di lavoro

- stabilite gli obiettivi
- dentificate tutte le azioni da compiersi per il raggiungimento degli obiettivi


Domani esamineremo cosa fare subito prima dell'evento. Continuate a seguirci.


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venerdì 26 novembre 2010

Kaizen: come organizzare un evento Kaizen

Su QualitiAmo abbiamo parlato molto di Kaizen ma abbiamo deciso di inserire ancora qualche informazione in più perché l'argomento vi interessa molto.

Quali sono, dunque, le cose da fare per avviare all'interno della vostra organizzazione un evento di tipo Kaizen? Vediamole fase per fase:

Pianificazione

- definire lo scopo del nostro intervento
- definire le fasi principali del processo di miglioramento
- stabilire il budget a disposizione
- decidere chi far partecipare
- decidere chi eserciterà la funzione di supporto (ed eventualmente formare la risorsa)
- invitare all'evento le persone selezionate

Lunedì esamineremo la fase della prima riunione. Non mancate!
Nel frattempo, chi ha voglia può approfondire l'argomento Kaizen:

Genba Kaizen


Tipologie di Kaizen


Il Kaizen e Toyota

Kaizen, cocomi e miglioramento continuo

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giovedì 25 novembre 2010

Integrare il sistema Sicurezza e Qualità

Facendo una breve panoramica delle norme relative al Sistema di Gestione della Sicurezza sul Lavoro, troviamo:

SERIE OHSAS:


OHSAS 18001 - Occupational health and safety management systems: Specification (Amendment 1:2002)
OHSAS 18002 - Occupational health and safety management systems: - Guidelines for the implementation of OHSAS 18001



NORME UNI:


UNI 10617 - Impianti a rischio di incidente rilevante - Sistemi di gestione della sicurezza - Terminologia e requisiti essenziali

INAIL:

Linee guida UNI-INAIL per S.G.S. (scaricabili dal sito www.inail.it)



ILO (International Labour Office):

ILO – OSH Guidelines on occupational safety and health management systems ILO-
OSH




I requisiti

OHSAS: “L’organizzazione deve istituire e mantenere un sistema di gestione OH&S i cui requisiti sono
definiti nel capitolo 4


Requisiti aggiuntivi (es. ILO-OSH:2001 e Linee Guida UNI INAIL)

L’azienda dovrebbe strutturare il SGSL seguendo i contenuti espressi nel presente documento, dando, comunque, attuazione a quanto esplicitato nella politica di SSL che l’azienda stessa ha definito.
Un sistema di gestione della SSL dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche:
- essere parte del sistema di gestione generale dell’impresa;
- contenere la struttura organizzativa, le responsabilità, le pratiche, le procedure, i processi, le
risorse per realizzare la sua politicaper la salute e sicurezza sul lavoro;
- essere adeguato alle attività svolte, alla dimensione aziendale, alla natura ed alle
dimensioni dei rischi presenti in azienda





Requisito RT12 Sincert Punto 5.3.2.1.1.2

… La documentazione afferente il Sistema di Gestione della Sicurezza e Salute sul Lavoro,
dovrebbe descrivere il Sistema di Gestione SCR e dare evidenza delle relazioni con gli altri
Sistemi di Gestione aziendali, che abbiano influenza sul Sistema di Gestione SCR . Può essere considerato non solo accettabile, ma è auspicato che , ove presenti altri sistemi, gli stessi siano integrati con quello per la sicurezza.
Ciò nonostante, occorre che gli elementi del Sistema di Gestione SCR rimangano
adeguatamente identificati , con i corretti riferimenti alle interazioni con gli altri sistemi (per
esempio quelle per gli Audit Interni, per gli approvvigionamenti o per il Riesame della Direzione)


I vantaggi dell'integrazione



1) Unico sistema di gestione aziendale con maggiore efficienza organizzariva

2) Miglioramento della comunicazione nell’organizzazione
 

3) Riesame della Direzione, Programmi e obiettivi di miglioramento integrati con azioni valide per più schemi

4) Valorizzazione delle competenze interne su tutti i sistemi di gestione

5) Verifiche ispettive di certificazione con approccio integrato e maggiore valore aggiunto da parte degli OdC (riduzione tempi e costi di audit)


6) Maggiore efficacia nel mantenimento e verifica della conformità legislativa



Procedure documentate richieste


ISO 9001                                              OHSAS 18001

Gestione documenti                             
Controllo operativo                       

Gestione registrazioni

Verifiche ispettive
interne

Gestione prodotti NC

Gestione azioni
correttive

Gestione azioni
preventive

Esempi di procedure integrabili tra qualità e sicurezza

INTEGRAZIONE TOTALE (procedure comuni a tutti i settori):

Gestione dei documenti e registrazioni

Gestione verifiche ispettive interne (audit)

Gestione NC, AC, AP

Gestione formazione e sensibilizzazione personale

Valutazione e gestione fornitori

Valutazione della soddisfazione delle parti interessate

Comunicazione interna ed esterna (reclami)


Esempi di procedure integrabili tra qualità, ambiente e sicurezza.

INTEGRAZIONE PARZIALE (procedure con elementi specifici):

Gestione emergenze sicurezza

Gestione dispositivi di misurazione e monitoraggio


Gestione della progettazione (considerando anche elementi di sicurezza)

Gestione di attività operative; es. gestione sostanze pericolose (scheda sicurezza), manutenzione, uso di attrezzature di lavoro, ecc.

Approvvigionamenti e nuovi processi/ attività 


La politica integrata

I vantaggi di una politica integrata sono:

1) Obiettivi e traguardi “integrati” decisi ad appropriati livelli

2) Pianificazione “integrata” per il raggiungimento degli obiettivi

3) Diffusione/comunicazione dei contenuti della politica

4) Riesame della direzione effettuato sui dati del “sistema integrato”

5) Impegno alla conformità alle prescrizioni legali

6) Impegno al miglioramento delle prestazione Qualità e  Sicurezza


Esempi di procedure difficilmente integrabili

NESSUNA INTEGRAZIONE (procedure esclusive):

Controlli sulla qualità dei prodotti

Procedura di valutazione dei rischi per la sicurezza (4.3.1 OHSAS 18001)

Procedura per la valutazione degli aspetti ambientali (4.3.1 ISO 14001)

Istruzioni specifiche di sicurezza (es. distribuzione e utilizzo dei DPI, utilizzo di scale, ecc.)

Istruzioni per la compilazione di documenti specifici (es. registro antincendio, ecc.) 


Vi vengono in mente altre considerazioni? 

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mercoledì 24 novembre 2010

Qualità e autonomia

Forse il titolo può aver stupito qualcuno ma crediamo sia estremamente importante che la Qualità venga fatta da persone autonome. Vediamo di chiarire meglio il concetto.

Una persona autonoma è abbastanza competente da saper cosa fare in certe situazioni e ha avuto l'autorizzazione a prendere decisioni (relativamente a certe questioni) senza dover consultare altri soggetti.

Le persone autonome si sentono proprietarie del loro processo e possono fare a meno di supervisori che spieghino loro come procedere perché utilizzano buon senso, conoscenze e volontà per risolvere i piccoli problemi quotidiani.

Tra le responsabilità che fanno parte dell'essere autonomi abbiamo:

- il miglioramento continuo
- lo stabilire obiettivi per la propria area
- la manutenzione dell'area per mantenerla efficiente
- il monitoraggio del lavoro
- la gestione della quotidianità

Perché un lavoratore possa diventare autonomo occorre che si verifichino in contemporanea alcune condizioni:

  1. competenza: la persona deve avere le conoscenze necessarie
  2. volontà: la persona deve volere davvero l'autonomia. Molti individui, invece, sono restii a prendere decisioni e non vogliono complicarsi troppo la vita
  3. leadership: il capo della persona alla quale si vuole offrire maggiore autonomia deve essere d'accordo. Molti supervisori soffrono all'idea che le persone a loro affidate siano autonome
  4. confini: assicuratevi che l'ambito dell'autonomia affidata alla persona sia ben chiaro. I confini devono essere netti
  5. feedback: perché le persone autonome facciano un buon lavoro è importante che venga dato loro un continuo feedback in modo che sappiano dove sono e dove si vuole che arrivino


E voi, nel vostro lavoro, siete autonomi? E se non lo siete quale delle condizioni riportate non si è ancora realizzata?

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martedì 23 novembre 2010

Valori aziendali: come definirli e guidare le persone con essi (5)

Ultima fase del processo di definizione dei valori aziendali:

Misurazione e monitoraggio


- Misurate il successo ottenuto dall'azienda grazie all'implementazione dei valori aziendali

- Se non riuscite a raggiungere gli obiettivi che vi siete posti, provate a rivolgere la vostra attenzione alle organizzazioni che hanno i vostri stessi valori e provate a cercare di capire come li hanno implementati all'interno dell'azienda

Alcuni esempi

Ma quali sono questi valori di cui parliamo da giorni? Proviamo ad indicarne qualcuno e voi provate ad aggiungerne altri:

- integrità
- equità
- onestà
- crescita delle persone
- dignità
- uguali opportunità
- rispetto delle diversità
- ...


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lunedì 22 novembre 2010

Valori aziendali: come definirli e guidare le persone con essi (4)

Fase numero quattro del processo di definizione dei valori aziendali:

Allinearsi ai valori aziendali

- Cercate di allineare i processi ele misurazioni delle performance con i valori che avete stabilito
- Concentratevi sull'allineare le assunzioni, la formazione, e il sistema remunerativo ai vostri valori
- Stabilite degli obiettivi per ridurre i gap tra valori desiderati e valori riscontrati in azienda

A domani per la quinta e ultima fase.

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venerdì 19 novembre 2010

Valori aziendali: come definirli e guidare le persone con essi (3)

Fase numero tre del processo di definizione dei valori aziendali:

Comunicare i valori e rappresentarli

- Il modo migliore per comunicare i valori aziendali non è scriverli da qualche parte o appenderli alle pareti ma farli propri e diventare un modello vivente della loro implementazione. Cercate, dunque, di essere coerenti con ciò che predicate
- Anche il modo che sceglierete per comunicare i valori aziendali dovrà essere coerente con essi
- Usate storie ed esempi per far comprendere meglio i valori dell'azienda

A lunedì per la quarta fase.

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giovedì 18 novembre 2010

Valori aziendali: come definirli e guidare le persone con essi (2)

Fase numero due del processo di definizione dei valori e del loro utilizzo per guidare le persone all'interno delle organizzazioni:

Definire i valori e fare chiarezza sul loro significato

- Nel processo di definizione dei valori occorre coinvolgere gli stakeholder , cioè tutte le parti interessate (responsabili, personale operativo, clienti, utenti, fornitori, ecc.) Potete lavorare tutti insieme usando i focus group, i gruppi di lavoro, ecc.
- Il punto di partenza sarà la bozza preparata dalla Direzione. Cercate, poi, di capire quali valori gli stakeholder considerino impliciti
- Cercate di ottenere dei feedback sui valori proposti e su altri, eventualmente, da integrare
- Considerate il gap tra i valori esistenti e quelli desiderati e cercate di ridurlo
- Pubblicate i valori stabiliti insieme ad una raccolta di indicatori per misurarne il successo


A domani per la terza fase.


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mercoledì 17 novembre 2010

Valori aziendali: come definirli e guidare le persone con essi

Definire i valori di un'organizzazione e guidarla attraverso essi è cosa tutt'altro che banale.
Vediamo, dunque, nel dettaglio come fare.

La scelta dei valori - si parte dalla Direzione

- I valori aziendali devono essere supportati attivamente dalla Direzione.
- I valori di riferimento vanno scelti in maniera razionale, legandoli al successo dell'azienda.
- Ogni responsabile all'interno dell'azienda dovrà essere pronto a farsi portavoce dei valori individuati.
- L'introduzione dei valori dovrà essere congruente con i valori stessi


E' del tutto inutile pretendere di riferirsi a valori nei quali non si crede e che non si ritrovano nei responsabili che abbiamo scelto per condurre le diverse aree aziendali.
Valori non condivisi dai vertici saranno, per forza di cose, valori percepiti come distanti anche dal resto del personale aziendale.

La scelta dei valori di un'organizzazione è estremamente importante e bisognerà puntare soprattutto su quelli che permetteranno di creare un successo duraturo rispetto alla concorrenza.

Nel processo di individuazione dei valori che volete proclamare come vostri è anche importante mantenere una certa congruenza con i contentuti. Se, ad esempio, affermate che per voi le persone che lavorano in azienda sono importanti,. è con loro che dovrete scegliere i valori di riferimento.

A domani per la fase di definizione dei valori.

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martedì 16 novembre 2010

I sistemi pensanti (2)

Terminiamo il discorso iniziato ieri sui sistemi pensanti.

Un sistema che possa realmente definirsi come "pensante" è un sistema che studia bene tutte le interazioni e le dipendenze tra i sottosistemi che lo compongono perché, se una sola di queste parti non funziona o funziona male, va ad impattare sul sistema nella sua interezza.
Per lo stesso motivo, un sistema pensante si considererà parte di un sistema più ampio che comprende fornitori, clienti, utenti, concorrenti, consulenti, governi, società, ecc.

La necessità di avere sottosistemi più efficienti e ottimizzati è all'origine di molti dei problemi che si sviluppano all'interno di un sistema. Come afferma Peter Senge, infatti, "per avere successo all'interno di un sistema è necessario che tutte le sue parti raggiungano lo stesso successo".

Occorre, poi, ricordare che ogni piccolo cambiamento in un sottosistema o nelle sue interrelazioni con gli altri sottosistemi può creare conflitti o malfunzionamenti.

Scopo
Un sistema è guidato dal suo scopo e dai suoi obiettivi (un'auto progettata per consumare poco carburante avrà un system thinking di riferimento diverso da quello di una macchina da corsa).

Input
Ogni sistema dipende dalla qualità degli input che riceve dagli altri sistemi (fornitori, servizi, materie prime, documenti, ecc.)

Processi a valore aggiunto
Ogni sistema deve essere progettato per aggiungere valore agli input che riceve e per fornire risultati che abbiano valore aggiunto.

Risultati
I risultati raggiunti da un processo vanno misurati rispetto agli obiettivi, alla soddisfazione dei clienti, agli standard qualitativi, alle performance della concorrenza, ecc.


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lunedì 15 novembre 2010

I sistemi pensanti

Avete già sentito parlare di "sistemi pensanti"? Sapete di cosa si tratta?

Partiamo da una definizione semplice di sistema: un sistema è dato da un insieme di processi che, insieme, ottengono un certo risultato.
Ogni sistema è parte di un sistema più grande fino ad arrivare all'infinito. Tracciare una linea che delimiti il vostro sistema è la prima cosa da fare per esaminarlo.

Prendiamo, ad esempio, un'automobile. La macchina, nel suo insieme, può essere considerata un sistema ma è composta, a sua volta, da sottosistemi come il motore, il sistema elettrico, ecc.
Se, però, prendiamo tutte queste parti e le mettiamo in un garage non otteniamo automaticamente un'automobile.
Ecco spiegato in maniera semplice che un sistema è più della somma delle sue singole parti.

Spesso i sistemi sono considerati (e vissuti) come qualcosa di emeticamente chiuso nei confronti dell'esterno: nessuna relazione, nessuno scambio. Pensate, ad esempio, ai singoli dipartimenti aziendali di un'organizzazione dove non si collabora. Ci sarà il "sistema Commerciale" che non collaborerà con il "sistema Ufficio Tecnico", ecc.

Un bel pasticcio!

Alla luce dei recenti percorsi del management in generale e dei concetti di leadership e Qualità in particolare, sappiamo che sono, invece, i sistemi aperti (che si vedono, cioè, come parte di un qualcosa di superiore) ad ottenere i risultati migliori.
Basti pensare a Wal-Mart che ha rivoluzionato il sistema di vendite al dettaglio considerando i fornitori parte del suo sistema di customer service.

I sistemi pensanti, in particolare, sono quelli che cercano di interpretarsi grazie all'applicazione di un modello esterno che gli permetta di ottimizzarsi. Il modo di porsi e di pensare, ovviamente, dipende dai risultati che volete ottenere.

A domani per la seconda parte. Non mancate!

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venerdì 12 novembre 2010

Il modello GAS

I processi delle nostre organizzazioni sono spesso così elegantemente progettati da restare inutilizzati.
Siete stupiti da questa affermazione? Allora provate a seguirci mentre cercheremo di riprodurre la progettazione di un processo.

Definizione dello scopo e degli obiettivi

La prima tappa nella progettazione di un processo è quella della definizione del suo scopo e degli obiettivi che vogliamo ottenere con la sua applicazione.
Gli obiettivi vengono poi "spalmati" su tutti i dipartimenti e le persone interessate.

Tutto questo bel lavoro viene, infine, racchiuso in un grosso faldone di carte che viene aperto molto raramente, solitamente per fissare nuovi obiettivi dopo che i primi non sono stati raggiunti


Costruzione di un sistema di gestione del processo

Una volta progettato, il processo va gestito costruendo un apposito insieme di indicatori che lo mantengano misurato e monitorato.
Un gruppo di persone, creato ad hoc per lo scopo, spende molte ore per mettere nero su bianco una serie di indicatori che, alla resa dei conti, ci si accorgerà non servono a nessuno.


Chi di voi non si è trovato nella situazione descritta sopra? Ecco perché oggi vogliamo introdurre un approccio che vi permetterà di progettare un processo pratico e facile da gestire.

Il modello GAS

Il nome "GAS" deriva dalle tre parole inglesi:

GENERAL (generico): nel progettare un processo cercate di non scendere troppo nello specifico. Rendetelo funzionale in diverse circostanze e adatto sia alle esigenze dei vertici aziendali sia a quelle della forza lavoro

ACCURATE (accurato): siate precisi nella sua rappresentazione passata, presente e futura. Solo una "fotografia" realistica di ciò che viene fatto e di ciò che si vorrebbe fare vi aiuterà a progettare un processo in linea con la cultura della vostra azienda

SIMPLE (semplice): progettate un processo semplice dove a nessuno serva avere ore ed ore di formazione per poter lavorare. Ricordate che le cose semplici sono sempre le migliori.

Non sempre è possibile rispettare i tre criteri che abbiamo appena visto perché, spesso, l'applicazione di due di essi esclude forzatamente la terza. Se voglio, infatti, un processo generico e semplice, forse perderò qualcosa nel campo dell'accuratezza ma è un rischio da correre per far quadrare il bilancio delle esigenze di tutte le parti interessate.

Chi di voi applica questo modello nella progettazione dei processi e nella preparazione dei documenti che li descrivono?

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giovedì 11 novembre 2010

Definizione di Qualità

Definire la Qualità non è affatto semplice. Ci hanno provato molti teorici del management e, nel nostro piccolo, ci abbiamo provato tante volte anche noi sul forum, ottenendo sempre risposte diverse e personalizzate che ricalcano, spesso, il risvolto della Qualità di volta in volta più congeniale alla persona che propone la definizione.

Una difficoltà ancora maggiore nel definire la Qualità la riscontra chi non lavora nel settore, ad esempio il consumatore. E' importante sapere, però, che anche se non riuscirà a definirla, il consumatore sarà sempre in grado di riconoscerla alla prima occhiata.

A rendere il tutto ancora più complicato è il fatto che la Qualità non è stabile ma cambia nel tempo, rendendo le definizioni di poco tempo fa spesso obsolete.

Tra le definizioni più comuni possiamo ricordare le seguenti:

- Qualità è qualcosa di rispondente ad uno standard
- Qualità significa soddisfare i clienti
- Qualità è qualcosa che si adatta all'uso che vogliamo farne
- Qualità è ciò per cui il cliente ha pagato
- Qualità significa assicurare un servizio


Qualità è qualcosa di rispondente ad uno standard

Attenzione! Uno standard non sempre corrisponde all'idea di Qualità che ha il cliente...


Qualità significa soddisfare i clienti

Siamo sicuri di avere ben identificato chi sono i nostri clienti? La domanda sembra sciocca ma spesso si fa una grande confusione tra cliente, utente, ecc.

Ad esempio, chi è il cliente di una scuola pubblica? Lo studente che la frequenta, i genitori che pagano le tasse per permettergli di studiare o entrambi? E quali tra queste persone dovremo cercare di rendere soddisfatte?


Qualità è qualcosa che si adatta all'uso che vogliamo farne

Ad esempio, una berlina di Mercedes e una Jeep Cherokee saranno entrambe adatte a spostarsi su strada ma, dovendo affrontare un sentiero accidentato, la seconda sarà sicuramente da preferire e non perché la berlina abbia una Qualità inferiore.


Qualità è ciò per cui il cliente ha pagato 

Questa è la sola definizione che mette a stretto contatto Qualità e prezzo. Attenzione, però, perché avere il prezzo più basso non significa offrire al cliente una maggiore Qualità. Solo le organizzazioni che vendono prodotti simili a quelli dei concorrenti ma a prezzi inferiori (perché capaci di recuperare efficienza) fanno davvero "Qualità".


Qualità significa assicurare un servizio

La Qualità non si fa solo con i prodotti. Occorre, infatti, assicurare ai clienti un servizio valido che parta dalla ricezione della richiesta di offerta e termini con l'assistenza post-vendita.
La Qualità, ricordiamolo, si applica anche alle persone, ai processi, all'ambiente, ecc.

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mercoledì 10 novembre 2010

Curriculum tradizionale o videocurriculum?

Chiudiamo la nostra carrellata sul mondo della ricerca di un nuovo lavoro, proponendovi questo articolo e questo trafiletto sempre tratti dal Sole 24 Ore.

Qualcuno di voi ha già provato l'esperienza del videocurriculum o della videochat? Preferite un approccio più tradizionale? Ne parliamo?

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martedì 9 novembre 2010

Gestire al meglio il colloquio per un nuovo lavoro

Date un'occhiata a questo articolo: "Entrare in azxienda col piede giusto".
Cosa ne pensate? Apriamo una discussione su questo argomento?

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lunedì 8 novembre 2010

Ogni quanto cambiare lavoro?

Qualche tempo fa ragionavamo su un articolo del Sole 24 Ore (purtroppo non disponibile in rete) che si chiedeva ogni quanto cambiare lavoro e quali idee possono farsi i cacciatori di teste relativamente al curriculum di chi cambia lavoro troppo o troppo poco.

Riportiamo alcuni stralci del testo:

"Direttori delle risorse umane, cacciatori di teste e orientatori rispondono all'unisono: cambiare lavoro fa bene alla carriera, ma bisogna prima maturare la giusta esperienza."

"Se un curriculum professionale è monoazienda, possono venirmi dubbi sulla capacità di adattamento del candidato...spiega Marco Tagliabue, Ad di una società di consulenza e outplacement..."

"Ma anche troppi cambiamenti, per esempio ogni due o tre anni, sono sospetti in termini di capacità organizzativa. Se si vuole investire nella propria impiegabilità, un movimento ogni 7-8 anni è positivo."

Cosa ne pensate? Siete d'accordo?

E terminiamo con qualche "dritta" sempre ricavata dall'articolo:

"Da tutte le ricerche emerge che gli aumenti salariali più consistenti sono associati a spostamenti."

"Bisogna cambiare quando senti che impari di meno. Non ti senti più utile o apprezzato a sufficienza. O semplicemente pensi che la tua carriera si stia stoppando"

"Un esercizio utile è provare a spiegare in due o tre minuti chi sono e cosa voglio fare. Pochissimi ci riescono.

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venerdì 5 novembre 2010

La crisi? Non c'è, parola di Swatch

Nick Hayek, amministratore delegato di Swatch Group, in un'intervista rilasciata al Corriere Economia ha detto: "In un certo senso non c'è mai stata una vera crisi industriale. La vera crisi era ed è finanziaria ma i consumi non hanno avuto contrazioni tali da mettere davvero nei guai l'industria. I danni, sotto questo punto di vista, li ha fatti la paura mista alla disorganizzazione di quanti non controllano integralmente il ciclo produttivo e distributivo dei propri prodotti.



Facciamo un esempio: la nostra società che fornisce i quarzi necessari al funzionamento dei cellulari ha avuto una contrazione di ordini di circa l'80% a fronte di un calo dei consumi intorno al 20%. Le aziende hanno avuo paura. 

Oggi l'aumento è impressionante e fatichiamo a star dietro agli ordini. E' un effetto verme simile a quello che si verifica nel traffico, quando un rallentamento causa, a distanza, arresti e ripartenze. Un effetto che probabilmente durerà ancora qualche tempo, ma non per noi che controlliamo l'intera filiera della produzione e della distribuzione, monitorando in tempo reale l'andamento dei mercati ed adeguando rapidamente la produzione alle effettive richieste.

Questo fornisce a noi e alle aziende come la nostra un notevole vantaggio di continuità"

C'è da rifletterci, non credete?

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giovedì 4 novembre 2010

Parliamo di management

Ricordate la discussione fatta qualche tempo fa a proposito del management?
Torniamo sull'argomento per fare ancora un po' di chiarezza, visto che di gestione non si parla mai abbastanza e che in Italia il management è ancora ben poco diffuso (anche se siamo pieni di manager!)

Il management può essere definito come uno dei fenomeni più importanti dell'era della moderna civilizzazione. Andrew Thomson e Roger Young l'hanno descritta in questi termini: "il management è la ragione che spinge le organizzazioni a fissare e a raggiungere degli obiettivi. Senza di esso la civiltà moderna e la creazione di benessere semplicemente non esistono".

Non tutti gli studiosi di management, però hanno avuto la stessa idea sulla sua definizione. Basterebbe pensare a F.W. Taylor, Peter Drucker e Tom Peters, le cui teorie "rispolvereremo" a breve.
Il modo migliore per cogliere l'essenza del termine, dunque, è tornare all'origine della parola: "management" che apparve per la prima volta in Inghilterra ai tempi di Shakespeare.

"Management" deriva dal latino "manus" (mano) ma proprio dal latino si è portato dietro il significato di "potere", "giurisdizione".
Anche in italiano ("maneggiare") e in francese ("manegerie") ritroviamo la stessa radice.

Il significato della parola era concentrato nell'idea di controllare gli affari (propri o di terzi) e, a partire dal Diciassettesimo secolo, furono moltissime le pubblicazioni che riportarono nel titolo la parola "management" con il significato di "fare" o di "far accadere".

Oggi sotto al cappello di "management" riuniamo tante attività:
- guidare
- condurre
- pianificare
- controllare
- dirigere
- coordinare
tutte riferite ad un gruppo di persone e alla gestione di alcune risorse (economiche, tecnologiche, temporali, ecc.)

Harrington Emerson, uno dei grandi guru dell'efficienza, una volta disse che si era formato una sua idea di "management" grazie a tre ambiti completamente diversi:

- il lavoro del Direttore d'orchestra
- l'allevamento dei cavalli da corsa
- gli orari ferroviari

Non è così assurdo come sembra, anzi. Se ci soffermiamo per un attimo a riflettere sulla formazione delle figure che hanno reso grande il concetto stesso di management, vedremo che quasi tutte hanno avuto input da campi diversissimi che hanno loro permesso di formarsi un'idea di "gestione" completa e applicabile a diversi settori.

Non cadiamo, dunque, nell'errore di considerare il management come l'invenzione degli ultimi anni o di credere che nel passato non si possano trovare le radici per migliorare il presente e la nostra capacità di gestire la Qualità e tutti i progetti che ci verranno affidati.

Nelle prossime settimane, sul sito, introdurremo alcune figure chiave della teoria del management. Date loro un'occhiata. Potreste restare colpiti dall'attualità del loro pensiero.

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mercoledì 3 novembre 2010

Heijunka - Concetti chiave (3)

Terza e ultima tappa del nostro discorso sull'Heijunka, lo strumento molto utilizzato nell'ambito della Produzione snella che permette di livellare la produzione.

Terminiamo il discorso prendendo in considerazione le difficoltà che potremmo incontrare nell'applicare lo strumento:

1) difficoltà nel reperire gli strumenti per livellare la produzione su larga scala. Occorrono dati certi che spesso mancano

2) per applicare l'Heijunka, occorre poter contare su un magazzino abbastanza vasto il che può essere visto come antitetico ai principi della Produzione snella
3) c'è il rischio di creare obsolescenze nei magazzini
4) per applicare l'Heijunka occorrono pianificazione accurata e disciplina

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martedì 2 novembre 2010

Heijunka - Concetti chiave (2)

Venerdì scorso abbiamo parlato dello strumento Heijunka, molto utilizzato nell'ambito della Lean manufacturing.

Oggi, per provare a cogliere similitudini e differenze, proveremo a confrontarlo con il JIT (Just In Time), altro strumento snello.

JIT
-soddisfa la richiesta del mercato in tempo reale
- riduce il magazzino
- lavora con una programmazione della produzione ridotta al minimo
- basandosi su flussi della domanda molto irregolari, ribalta questa irregolarità nelle richieste ai fornitori
- può richiedere picchi di lavoro straordinari per smaltire le richieste
- le persone possono lavorare poco volentieri a causa dei ritmi irregolari

Heijunka
- soddisfa la richiesta del mercato spalmandola su un periodo stabilito di produzione livellata
- c'è una necessità di piccole scorte di magazzino
- si lavora con precisi programmi di produzione
- i fornitori possono lavorare prevedendo le richieste
- non sono necessari gli straordinari
- le persone lavorano più volentieri

Domani concluderemo il nostro discorso, affrontando le inevitabili difficoltà che dovremo essere preparati ad affrontare se vogliamo implementare l'Heijunka.


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